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“Mi sono stancato della vita”: la dolorosa confessione di Riccardo Muti

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Riccardo Muti

Il maestro Riccardo Muti ha confessato il suo dolore in un’intervista al Corriere della Sera: le parole del direttore d’orchestra.

Riccardo Muti è stanco della vita. Lo ha confessato, senza troppi giri di parole, lo stesso direttore d’orchestra, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera a un mese dai suoi 80 anni. Parole dure e cariche di dolore, giustificate dalla piega presa dal mondo. Il maestro Muti non riesce più a riconoscersi in questo mondo, e preferisce quindi togliersi da mezzo, non potendo pretendere che il mondo cambi e incontri le sue esigenze.

Riccardo Muti: la confessione del direttore d’orchestra

Mi sono stancato della vita“, ha raccontato il maestro Muti, uno dei più grandi direttori d’orchestra della nostra storia. Nel corso dell’intervista, il musicista ha descritto brevemente la sua vita. Cresciuto negli anni Cinquanta, frequentò il liceo a Molfetta con professori severissimi che gli hanno insegnato tutto anche utilizzando metodi poco ortodossi, che oggi varrebbero l’arresto: “Rimpiango la serietà. Lo spirito con cui Federico II fece scolpire sulla porta di Capua, sotto il busto di Pier delle Vigne e di Taddeo da Sessa, il motto: ‘Intrent securi qui quaerunt vivere puri’, ‘entrino sicuri coloro che intendono vivere onestamente’. Questa è la politica dell’immigrazione e dell’integrazione che servirebbe“.

Riccardo Muti
Riccardo Muti

Per questo motivo preferisce andarsene, non piegarsi a un mondo che non sente più suo. D’altronde, Muti afferma di non aver paura della morte, ma solo di doversi separare da chi ama: “Non temo la fine in sé. Mi dispiace lasciare lgi affetti. Mia moglie, i miei figli Francesco, Chiara e Domenico, i nipoti. E gli animali“.

Riccardo Muti parla del suo funerale

Scherzando, ma non troppo, il Maestro ha quindi parlato anche del suo funerale, affermando che non lascerà indicazione su brani musicali da eseguire. Non vuole applausi ai suoi funerali. Nel mondo in cui è cresciuto, i funerali erano spaventosamente silenziosi: “Ognuno era chiuso nel suo vero o falso dolore. Per i più abbienti c’era la banda che eseguiva lo Stabat Mater di Rossini o marce funebri molfettesi, famose in Puglia. I primi applausi li ricordo ai funerali di Totò e della Magnani, ma erano risconoscimenti alla loro capacità d’interpretare l’anima di Napoli, di Roma, della Nazione. Quando sarà il mio turno, vorrei che ci fosse il silenzio assoluto“.

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