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“Ridicoli” ed “esagerati”: la prima recensione americana del nuovo album dei Måneskin

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Maneskin

Rolling Stone USA ha recensito per primo Rush!, il nuovo album dei Måneskin: ecco il parere della nota rivista americana.

Comincia con una recensione agrodolce l’avventura di Rush!, il nuovo album dei Måneskin. Che passare indenni al biennio di grande successo che hanno vissuto non fosse una missione semplice, era d’altronde prevedibile. Di certo certe parole utilizzate nella prima recensione ricevuta dal loro terzo album non faranno sicuramente troppo piacere a Damiano e compagni. Gli “aspiranti salvatori del rock from Rome” sono infatti stati liquidati come divertenti nella loro versione più esagerata, deboli in quella più sincera. Insomma, c’è del buono in questo prodotto di rock del Ventunesimo secolo. Ma ciò non basta a far gridare al miracolo.

Come suona Rush!, il nuovo album dei Måneskin?

In fin dei conti, secondo RS USA quella di Damiano, Victoria, Ethan e Thomas non sarebbe altro che l’ennesima operazione per cercare di rivitalizzare un concetto di rock che arriva dal passato, e che viene solo modernizzato qua e là, reso più vicino ai gusti dei contemporanei. Tutto questo attraverso un lavoro sul sound, trasversale e in grado di spaziare dal pop al punk, con qualche spruzzata retrò garantita dagli assolo di Thomas Raggi qua e là, e attraverso una cura dei testi, in cui brulicano riferimenti a erba, birra, coca e ragazze sensuali sempre a portata di mano.

Maneskin
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Attesi al varco con grande curiosità, i vincitori dell’Eurovision 2021 vengono quindi liquidati come un gruppo che vuol mostrare di aver vinto la battaglia per il diritto di far festa, e che tenta di farlo con un album chiassoso, audace e ambizioso, cantato prevalentemente in inglese e con ben 17 tracce al suo interno. Non mancano sottolineature dei momenti più interessanti, come quelli garantiti da Baby Said, Gossip, Kool Kids o Bla Bla Bla, ma il tono generale di questa prima recensione sembra più denigratorio che convinto.

Band seria o ridicola?

A rendere ancora più ambigua la recensione è la chiosa, in cui viene di fatto sentenziato che i brani in cui la band sembra riuscire meglio sono quelli esagerati, al contrario invece di quelli più sinceri, che risultano deboli.

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Le power ballad non convincono, nel migliore dei casi perché non molto originali (Il dono della vita viene bollato come “grunge riscaldato“), e quel che resta di buono dell’album è dunque soprattutto la capacità del gruppo di non prendersi sul serio e di perdersi nelle “ridicolaggini“. Non resta che attendere ancora pochi giorni per scoprire se la storica rivista americana ci avrà visto giusto o avrà esagerato nel proprio giudizio.

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